Nell’aprile del 2005, durante lavori di ristrutturazione, presso Il Santellone vennero effettuati ritrovamenti archeologici: emersero alla luce dei resti riferibili ad una domus romana risalente al I-II secolo d.C.

Questa villa suburbana, sorta in un’area vicina all’antica Via Gallica che univa Verona a Mediolanum, era già stata individuata nell’Ottocento ed è caratterizzata da due diverse e successive fasi d’uso. Della prima, databile tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C., ci resta un breve tratto di mosaico policromo in minute tessere marmoree. La seconda fase, collocabile in pieno II secolo, è invece testimoniata da una significativa porzione di pavimentazione, un mosaico bianco, nero e rosso unico nel panorama archeologico bresciano.

Nel 1107, venne in questi luoghi fondata l’abbazia vallombrosana dei santi Gervasio e Protasio: la località, apparentemente isolata, era sede di un precedente insediamento e a poca distanza sia dai boschi del monte Cleve che dal centro abitato della Mandolossa.

Il complesso monastico acquisì rapidamente grande importanza nel territorio bresciano, sia nella vita religiosa che come potenza economica: i possedimenti del monastero erano molto estesi e così, di conseguenza, le rendite che gli stessi portavano.

Nella lunga storia dell’abbazia vi sono periodi di fasti e potenza come momenti di difficoltà e decadenza. I monaci vallombrosani furono presenti fino al 1516 e successivamente il monastero ospitò per un breve periodo dei monaci cappuccini, che in un secondo tempo costruirono il loro convento sul monte Cleve.

L’abbazia dei Santi Gervasio e Protasio venne trasformata poi in azienda agricola, pur restando il titolo di abbazia e di abate ai beneficiari dei beni della stessa.

Nel 1798 l’abbazia venne venduta ai conti Gambara, diventando casa padronale, e durante i due secoli successivi scomparve definitivamente la chiesa e venne invece costruita tutta l’ala ovest.

Negli anni cinquanta il borgo rurale ospitava una trentina di famiglie che, con il passare degli anni, abbandonarono il complesso attirate dalla città e dal lavoro nel mondo industriale.